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Tradimento e infedeltà: quando scatta il risarcimento al coniuge Ca

L’infedeltà nei confronti del proprio marito o della moglie può portare non solo a una causa di separazione con addebito, ma anche alla condanna a un risarcimento dei danni cospicuo. Infatti, secondo i giudici, la violazione dell’obbligo di fedeltà può costituire, se ricorrono elementi gravi (v. dopo), fonte di danno patrimoniale e non patrimoniale per l’altro coniuge. Per stabilire la possibilità di un risarcimento del danno è necessario valutare la condotta posta in essere dal coniuge fedifrago: se essa ha determinato una offesa alla dignità e all’onore dell’altro, allora la condanna è assicurata. Non rileva cioè il fatto della relazione extraconiugale di per sé considerata; per configurare gli estremi del danno ingiusto rilevano invece gli aspetti esteriori dell’adulterio, quando particolarmente offensivi e oltraggiosi, come ad esempio il discredito determinato dal fatto che tutti gli amici o i colleghi del coniuge erano a conoscenza del fatto che quest’ultimo fosse oggetto, da più tempo, di tradimento. La relazione ampiamente resa pubblica e quindi particolarmente frustrante per la vittima è certamente il caso paradigmatico che dà origine al risarcimento del danno. Sulla questione è intervenuta la Cassazione che ha condannato a 10mila euro di risarcimento un uomo che aveva portato avanti negli anni una relazione con un’altra donna (addirittura spingendosi alla convivenza con questa), provocando nella ex moglie uno stato di depressione e ledendo la sua dignità. La Suprema Corte ha bastonato la condotta del coniuge, colpevole di aver fatto ritenere all’ex, con comportamento equivoco e mistificatorio, ormai superata la crisi coniugale, mentre invece questi continuava a tradirla. Il coniuge tradito, per ottenere il risarcimento, dovrà dimostrare di aver subìto una depressione e una grave lesione della dignità.


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