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Cosa sapere su Separazione - Divorzio - Affidamento - Alimenti - Sostentamento - Casa coniugale

SEPARAZIONE

Giuridicamente la separazione consiste nell'interruzione di tutti quei diritti e doveri che i coniugi rispettivamente acquistano e si assumono con la celebrazione del matrimonio, tranne quelli di assistenza e di reciproco rispetto.

I coniugi che hanno raggiunto un accordo per la separazione possono chiedere al tribunale civile la separazione consensuale.

  • Certificati da produrre in Tribunale:

1) Atto integrale di matrimonio;

2) Certificato contestuale di stato di famiglia e residenza del marito;

3) Certificato contestuale di stato di famiglia e residenza della moglie;

4) modello unico o CUD/730 relativi alle dichiarazioni dei redditi presentate negli ultimi tre anni

2 La separazione consensuale

La separazione consensuale (articolo 158 c.c.) fra coniugi si ha per Accordo delle parti, quando cioè sia la moglie che il marito sono d'accordo su tutte le situazioni economiche, patrimoniali e personali che sorgeranno a seguito della separazione, in particolare, con riguardo al mantenimento del coniuge debole, i diritti di visita e mantenimento della prole, l'assegnazione della casa coniugale.

Questo tipo di separazione è sicuramente preferibile non solo per l’immaginabile minore conflittualità che si viene normalmente ad instaurare fra le parti (peraltro con notevoli riflessi positivi anche in merito ai rapporti con gli eventuali figli), Vedi dati ISTAT, ma anche perché presenta forme procedurali decisamente più snelle e rapide.

La procedura di separazione consensuale, infatti, inizia con il deposito di un ricorso presso la Cancelleria del Tribunale ove almeno una delle parti ha la residenza o il domicilio.

L’organo competente potrà, così, formare il fascicolo d’ufficio, nel quale saranno raccolti, oltre al ricorso stesso, anche tutti i documenti che i coniugi hanno ritenuto opportuno allegare. Conclusi tali adempimenti, il Presidente del Tribunale fisserà l'udienza alla quale devono comparire personalmente i coniugi, principalmente allo scopo di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione dei coniugi.

Il Presidente del Tribunale, a tal fine, ascolterà i due coniugi, prima separatamente e poi congiuntamente, come previsto dall'articolo 708 del codice di procedura civile; in questa sede, inoltre, il Presidente potrà adottare gli eventuali provvedimenti che riterrà necessari ed urgenti e da tale momento inizia a decorrere il termine di tre anni per poter richiedere il divorzio.

Nel caso in cui si raggiunga la conciliazione, viene redatto un apposito verbale e la procedura di separazione ha termine. Qualora, invece, le parti persistano nella volontà di separarsi, il Presidente procede all'emanazione del decreto di omologazione delle condizioni indicate nel ricorso.

Se l'accordo tra i coniugi per la scelta della separazione consensuale viene a mancare, essi devono giocoforza contattare un avvocato che si rivolga al giudice, sempre al tribunale civile. E' questo il caso della separazione giudiziale.

AFFIDAMENTO

A chi vengono affidati i figli minorenni ?

L’art. 155 del codice civile (come modificato dalla Legge n. 54 del 2006) afferma il principio della bigenitorialità, al quale i giudici che pronunciano la separazione devono attenersi: anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. 

Il giudice che pronuncia la separazione personale deve valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori e dispone, quindi, l’affidamento condiviso. In questo caso, la potestà è esercitata da entrambi i genitori.

Come vengono regolamentati i rapporti tra genitori e figli

Il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente con riguardo alle questioni di ordinaria amministrazione (cioè di quotidiana gestione del minore).

Il giudice determina, altresì, i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, fissando, poi, le modalità con cui ciascuno deve contribuire al loro mantenimento.Il giudice, solo dopo avere escluso la possibilità di affidare i figli ad entrambi i genitori può disporre – e il suo provvedimento deve essere motivato - che gli stessi vengano affidati ad uno solo.



Legge n. 54/2006: Modifiche all'art. 155 del codice civile

Con tale istituto si introduce il principio di "bigenitorialità", vale a dire che il giudice, al momento della separazione deve garantire il "diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale". Qualora l’affido congiunto non corrisponda all’interesse della prole, si procedere all’affido esclusivo.

le modifiche all'art. 155 del codice civile

la legge n. 54/2006. modifiche all'art. 155 c.c.  

Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

  1. le attuali esigenze del figlio;

  2. il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;

  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore;

  4. le risorse economiche di entrambi i genitori;

  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

 

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi». 

Dopo l’articolo 155 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:

«Art. 155-bis. – (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso). Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.

Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Art. 155-ter. – (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli). I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.

Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza). Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.

Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.

Art. 155-quinquies. – (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni). Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.

Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.

Art. 155-sexies. – (Poteri del giudice e ascolto del minore). Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli». 

 

A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: «Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento». 

  1. ammonire il genitore inadempiente;

  2. disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;

  3. disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;

  4. condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

    I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».

    Art. 3. (Disposizioni penali)

    1. In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898.

    Art. 4. (Disposizioni finali)

    1. Nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia già stata emessa alla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuno dei genitori può richiedere, nei modi previsti dall’articolo 710 del codice di procedura civile o dall’articolo 9 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, l’applicazione delle disposizioni della presente legge.

    2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonchè ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

    Art. 5. (Disposizione finanziaria)

    1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

       

Legge n. 54/2006: 
Modifiche all'art. 155 del codice civile
DIVORZIO

 Il divorzio è lo scioglimento del matrimonio civile. In base all'articolo 1 della legge numero 898 del 1970, il divorzio può essere pronunciato solo con una sentenza dopo che il giudice abbia accertato la concreta impossibilità di una conciliazione e l'esistenza di una delle cause di divorzio tassativamente previste.

1 Quando si può fare richiesta di divorzio?

  • Quando siano trascorsi almeno 12 mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione giudiziale definita con sentenza passata in giudicato;

  • Quando siano trascorsi almeno 6 mesi 

 -   dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale       nella separazione consensuale omologata (anche quando il giudizio                contenzioso si sia trasformato in consensuale);

 -    dall'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di                  negoziazione assistita da un avvocato (dalla data certificata nell’accordo);

 -    dall'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile         (dalla data dell'atto contenente l’accordo).

  • Quando un coniuge è stato condannato, anche per fatti anteriormente commessi, all'ergastolo o a qualsiasi pena detentiva per reati di particolare gravità (incesto, violenza carnale, costrizione o sfruttamento della prostituzione, omicidio volontario di un figlio o tentato omicidio del coniuge...).

  • Quando uno dei coniugi, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero un nuovo matrimonio.

  • Quando il matrimonio non è stato consumato.

  • Quando è passata in giudicato la sentenza con cui l'altro coniuge ha cambiato sesso.

ALIMENTI MANTENIMENTO

Come viene quantificato l’assegno di contributo per il mantenimento dei figli?  

Con riguardo al mantenimento dei figli, la legge prevede che, salvo accordi liberamente sottoscritti dalle parti (cioè, nel caso di separazione consensuale) ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Il giudice può, ove necessario, porre a carico di uno dei  genitori l’obbligo di versare all’altro un assegno mensile che deve essere quantificato considerando:

 

1.le attuali esigenze del figlio;

2.il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza di entrambi i genitori;

3.i tempi di permanenza presso ciascun genitore;

4.le risorse economiche di entrambi i genitori;

5. il valore economico dei compiti domestici e di cura (accudimento del figlio sia sotto il profilo psicologico che sotto quello materiale) assunti da ciascun genitore;

 

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in mancanza di altri parametri indicati dalle parti o dal giudice.

 

 

Mio figlio è diventato maggiorenne, devo continuare a versare gli alimenti per il suo mantenimento?

 

Con riguardo ai figli maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, la legge stabilisce che il giudice può prevedere il pagamento di un assegno periodico.

 

Il giudice può decidere se tale assegno debba essere versato direttamente al figlio stesso, ovvero se debba continuare ad essere versato alla madre o, ancora, se parte al figlio e parte alla madre.

 

Come viene quantificato l’assegno di contributo per il mantenimento di mia moglie?

 

 Il coniuge cui non è addebitata la separazione ha diritto di ricevere un assegno di mantenimento, se è sprovvisto di adeguati redditi propri.

 

Si tratta di un assegno mensile, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT. 

 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha individuato i criteri in base ai quali deve essere quantificato l’assegno de quo:

1. la non addebitabilità della separazione al coniuge che chiede il mantenimento;

2. la mancanza di adeguati redditi propri o, comunque, una notevole disparità economica tra i coniugi;

3.l’impossibilità per il coniuge che chiede l’assegno di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

 

Premesso questo, il giudice procede valutando la situazione economica complessiva di entrambi i coniugi, tenendo conto sia del loro reddito, sia del loro patrimonio, sia della rispettiva capacità di lavoro.

CASA CONIUGALE

L’articolo 155-quater del codice civile prevede che il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

 

 L’assegnazione della casa è provvedimento che il giudice può adottare per tutelare l’interesse dei figli a conservare l’habitat domestico, cioè il centro degli affetti e delle consuetudini in cui si è svolta la vita familiare. Tale provvedimento, pertanto, non viene adottato in mancanza di figli per tutelare le esigenze del coniuge economicamente debole.

 

La legge prevede, altresì, che il giudice, nel regolare i rapporti economici tra i genitori, tenga conto dell’assegnazione della casa.

 

Laddove, infatti, la casa familiare sia – per esempio - in comproprietà tra i coniugi ovvero di proprietà di quello che non è assegnatario della stessa, il giudice deve considerare che questi dovrà sostenere le spese per la proprie, nuova, sistemazione abitativa. Resta, ovviamente, salvo il suo diritto di proprietà o di comproprietà.

 

Il provvedimento di assegnazione può essere opposto a terzi, se trascritto nei registri immobiliari. Ciò significa che l’eventuale acquirente di un immobile soggetto ad assegnazione acquista sullo stesso il diritto di proprietà, ma non può disporne fino a quando non venga emesso dal giudice un provvedimento di revoca dell’assegnazione.

 

Il diritto al godimento della casa coniugale viene meno quando i figli divengono maggiorenni ed economicamente autosufficienti.

 

L’art. 155-quater del codice civile stabilisce che: “Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario……. conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.

 

La Corte costituzionale, con sentenza 30 luglio 2008, n. 308, ha ritenuto che tale norma debba essere interpretata nel senso che l’assegnazione della casa coniugale non venga meno di diritto nel caso di instaurazione di convivenza di fatto o matrimonio dell’assegnatario, ma che la decadenza dalla stessa debba essere subordinata ad un giudizio di conformità all’interesse del minore.

 

Ciò in quanto l’art. 155-quater, ove interpretato - sulla base del dato letterale - nel senso che la convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell’assegnatario siano circostanze idonee, di per se stesse, a determinare la cessazione dell’assegnazione, non è coerente con i fini di tutela della prole – cui si ispira la legge 54/2006 – per il quale l’istituto è sorto.

SOSTENTAMENTO

Il sostentamento non è altro che l'assegno alimentare all'altro coniuge dichiarato più debole.

Il giudice tiene in considerazione del tenore di vita avuto dalla famiglia durante il matrimonio, nonché della posizione sociale dei coniugi, come anche le possibilità lavorative del coniuge più debole economicamente; infine dell'età e delle condizioni di salute.

 

Per stabilire il valore dell'assegno si dovranno esaminare i redditi di entrambi i coniugi presentati negli ultimi tre anni;

Poi, sempre per poter individuare il coniuge economicamente più avvantaggiato, occorre far riferimento all'intera durata del matrimonio. 

L'entità del c.d. assegno periodico potrà poi essere diminuita in considerazione degli obblighi che il coniuge obbligato può avere verso un'altra famiglia.

Si tenga conto che l'assegno periodico ha un carattere assistenziale poichè prova  a riproporre un tenore di vita analogo a quello avuto durante il matrimonio.

A differenza del contributo di mantenimento ottenuto durante la separazione, l'assegno di divorzio  è riconosciuto solo al coniuge che dimostri di trovarsi in stato di necessità ed è proporzionale alla capacità di reddito.

Nella sentenza viene stabilito anche l'adeguamento automatico dell'assegno (ISTAT FAMIGLIE), in riferimento agli indici di svalutazione monetaria e stabilita sulla somma  iniziale dell'assegno.

A salvaguardia dell'assegno è prevista l'imposizione a carico dell'obbligato di idonea garanzia infatti la sentenza può anche costituire titolo per iscrivere un'ipoteca oppure il coniuge avente diritto a tale assegno può anche rifarsi con i redditi e i proventi derivanti dal lavoro dell'obbligato.

 Se il coniuge che lo riceve passa a nuove nozze l'obbligo di corresponsione dell'assegno cessa.

 Su richiesta di parte il giudice può anche pronunciare la revisione delle disposizioni relative alle modalità o alla misura dell'assegno. Il coniuge al quale sono affidati i figli ha diritto a ricevere un contributo economico  per il loro mantenimento. Il tribunale terrà conto delle sostanze del coniuge obbligato e delle sue capacità  di reddito. Il mancato versamento di tale contributo da parte del coniuge obbligato, legittimerà l'azione di rivalsa dell'altro coniuge.

Per imporre l'obbligo di corresponsione dell'assegno si può ricorrere ad una ipoteca  giudiziale o al prelievo presso il datore di lavoro del coniuge obbligato;  come è prevista anche la possibilità di sottoporre a sequestro i beni dell'altro coniuge.

Infine: l'assegno divorzile può essere corrisposto una sola volta. Il coniuge che lo riceve non può più avanzare pretese economiche. La liquidazione di divorzio conviene a chi ha già un progetto matrimoniale: perché risposandosi perderebbe il diritto all'assegno mensile. È utile perché garantisce la sicurezza del pagamento, senza il rischio di attenderlo mese per mese.

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