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Comunione legale: le incertezze operative sullo scioglimento

In base al nuovo comma 2 dell'articolo 191 del codice civile, introdotto dall'articolo 2 della legge 6 maggio 2015 n. 55, si stabilisce che nell'ambito della separazione personale, il regime patrimoniale coniugale della comunione dei beni «si scioglie nel momento» in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. La nuova disposizione, inoltre, prescrive che l'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione. Separazione personale e scioglimento della comunione - Ferme restando le cause di scioglimento della comunione legale indicate nel comma 1 dell'articolo 191 , il legislatore stabilisce quindi in modo esplicito il momento in cui la comunione legale dei beni viene meno in caso di separazione personale, lasciandosi così alle spalle tutte le opzioni interpretative che - in assenza di una chiara indicazione normativa - si erano prospettate in giurisprudenza, circa l'individuazione dell'istante in cui potesse dirsi sciolto il regime della comunione legale dei beni. E così mentre per la separazione consensuale era sostanzialmente pacifico che lo scioglimento di tale regime andasse ricollegato all'emanazione del decreto di omologazione dell'accordo, per la separazione giudiziale, l'opinione prevalente era nel senso di ricondurre il venir meno della comunione legale al passaggio in giudicato della sentenza di separazione (Cassazione 12 gennaio 2012 n. 324; 10 giugno 2005 n. 12293; 27 febbraio 2001 n. 2844; 18 settembre 1998 n. 9325; 2 settembre 1998 n. 8707; 7 marzo 1995 n. 2652; 17 dicembre 1993 n. 12523; 11 luglio 1992 n. 8463; 29 gennaio 1990 n. 560). Tale conclusione si argomentava sia per l'assenza di qualunque riferimento testuale a una retrodatazione degli effetti, (si veda invece, quanto previsto dall'articolo 193, comma 4, del Cc nella diversa ipotesi di separazione giudiziale), che dai lavori preparatori della riforma del diritto di famiglia, dai quali venne espunta la possibilità di ancorare la cessazione del regime di comunione legale, al provvedimento presidenziale che autorizzava a interrompere la convivenza.

Anche la Corte costituzionale (ordinanza 7 luglio 1988 n. 795) aveva evidenziato che la ragione per cui i provvedimenti temporanei ex articolo 708 del Cpc non sono previsti dall'articolo 191 come cause di scioglimento della comunione, andava individuata nella constatazione che perdurando il rapporto di coniugio durante la separazione, e mancando un accertamento formale definitivo della cessazione dell'obbligo di convivenza e di reciproca collaborazione, quel provvedimento non poteva determinare alcuno scioglimento del regime patrimoniale legale. Il carattere temporaneo del provvedimento presidenziale - Fondamentalmente la Corte osservava che il carattere temporaneo del provvedimento presidenziale avrebbe impedito che la situazione dei coniugi, provvisoriamente autorizzati a vivere separati nelle more del giudizio di separazione, potesse essere equiparata a quella dei coniugi legalmente separati. Era riconducibile alla giurisprudenza di merito (Corte d'appello di Genova, 1° ottobre 1998, in «Famiglia e diritto», 1999, 147; Corte d'appello di Genova 10 novembre 1997, in «Diritto di famiglia», 1999, 106; tribuna di Ravenna, 17 maggio 1990, in «Giustizia civile», 1991, I, 209; tribunale di Milano, 20 luglio 1989, in «Diritto di famiglia», 1990, 161; tribunale di Genova, 17 luglio 1986, in «Diritto di famiglia», 1988, 256), invece, l'opinione secondo cui lo scioglimento della comunione legale si sarebbe determinato a seguito del provvedimento presidenziale di cui all'articolo 708 del Cpc che avesse autorizzato i coniugi a vivere separati, svalutando così l'obiezione principale espressa dalla Corte costituzionale contro l'accoglimento di tale soluzione, e cioè il contenuto del tutto limitato e la funzione meramente provvisoria dell'ordinanza presidenziale.

Il carattere temporaneo del provvedimento presidenziale - Fondamentalmente la Corte osservava che il carattere temporaneo del provvedimento presidenziale avrebbe impedito che la situazione dei coniugi, provvisoriamente autorizzati a vivere separati nelle more del giudizio di separazione, potesse essere equiparata a quella dei coniugi legalmente separati. Era riconducibile alla giurisprudenza di merito (Corte d'appello di Genova, 1° ottobre 1998, in «Famiglia e diritto», 1999, 147; Corte d'appello di Genova 10 novembre 1997, in «Diritto di famiglia», 1999, 106; tribuna di Ravenna, 17 maggio 1990, in «Giustizia civile», 1991, I, 209; tribunale di Milano, 20 luglio 1989, in «Diritto di famiglia», 1990, 161; tribunale di Genova, 17 luglio 1986, in «Diritto di famiglia», 1988, 256), invece, l'opinione secondo cui lo scioglimento della comunione legale si sarebbe determinato a seguito del provvedimento presidenziale di cui all'articolo 708 del Cpc che avesse autorizzato i coniugi a vivere separati, svalutando così l'obiezione principale espressa dalla Corte costituzionale contro l'accoglimento di tale soluzione, e cioè il contenuto del tutto limitato e la funzione meramente provvisoria dell'ordinanza presidenziale. Un'opinione isolata - Un'altra opzione ricostruttiva, certamente minoritaria, riteneva infine che gli effetti dello scioglimento del regime di comunione legale dei beni conseguente alla separazione personale dei coniugi, dovessero retroagire non già al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione, né a quello dell'udienza presidenziale di cui all'articolo 708 del Cpc , bensì alla data di proposizione della domanda di separazione (tribunale di Milano, 20 luglio 1995).


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